Ogni azione che compiamo si inscrive in una rete di condizioni che non padroneggiamo mai del tutto: nasce dal passato, agisce sul presente e modella campi di possibilità future che sfuggono — per loro natura — al nostro controllo. Pensare di poterne isolare gli effetti, di restare “puri” di fronte alle ramificazioni che ne derivano, è un’illusione che ci indebolisce: confonde la critica con il compiacimento, la responsabilità con l’idea consolatoria di uno sguardo innocente.
La consapevolezza di questa ineliminabile contaminazione non deve però mutarsi in paralisi. Possiamo, anzi dobbiamo, coltivare un atteggiamento sperimentale: formulare ipotesi su ciò che riteniamo giusto, metterle alla prova dei fatti, predisporci a rivederle quando l’esperienza le confuta. L’etica, allora, non è un monolite ma un processo di correzione continuo, alimentato dalla critica reciproca e dalla disponibilità a riconoscere i propri errori.
Chi siamo, dunque? Siamo esseri fallibili che indagano il mondo con strumenti imperfetti. Non c’è vantage‐point assoluto che ci consenta di sottrarci ai nostri stessi limiti; c’è, invece, la possibilità di ampliare orizzonti via via che smascheriamo pregiudizi, giustificazioni e autoinganni. Il compito non è diventare “immacolati”, ma ridurre la portata dei danni che inevitabilmente produciamo, affinando la nostra capacità di critica e revisione.
Che fare? Primo: rinunciare a ogni pretesa di fondare l’agire su verità ultime. Secondo: mantenere aperti i nostri sistemi d’azione alle obiezioni, perché solo il confronto esterno mina le certezze cristallizzate. Terzo: sostituire la ricerca di purezza con un’etica della responsabilità incrementale, dove il successo di un’idea è sempre provvisorio e la sua legittimità sta nel resistere a tentativi costanti di confutazione.
Così, a ogni decisione, scegliamo non di essere perfetti, ma di migliorare: consapevoli che l’impatto delle nostre scelte oltrepasserà sempre la nostra vista, ma convinti che proprio questo limite renda imprescindibile la critica, la correzione e, soprattutto, il coraggio di agire pur sapendoci imperfetti.
Sauro Tronconi