Il viaggio di Alver

Sulle rive del Grande Fiume, in un piccolo villaggio a nord un giorno nacque Alver. Egli vivacissimo fin dalla nascita, acuto osservatore di ciò che gli accadeva intorno, crebbe come un bimbo un po’ diverso da tutti gli altri.
I genitori, che non troppo possedevano, ma qualcosa in più del sufficiente per vivere, pensarono di non sprecare la sua intelligenza e lo mandarono in una grande scuola che sorgeva poco lontano dal villaggio. Lì avrebbe potuto studiare e conoscere e questo avrebbe aperto a lui un sicuro avvenire, poiché nessuno di quelli che sapevano ben scrivere e leggere era poi tanto povero.
L’insegnamento, unito alla vivace intelligenza del fanciullo, diede i suoi frutti e, arrivato al dodicesimo anno di età, Alver sapeva benissimo scrivere, leggere, comporre poesie, studiare il cielo e le stelle e quasi tutto il suo tempo era speso in questo.
Ancora tempo passò, egli sempre più era immerso nei suoi papiri, nei suoi studi.
Ormai letti e studiati tutti i papiri nella sua città e nelle vicinanze, decise di intraprendere un breve viaggio, ma lungo per lui che raramente si era mosso dal suo paese, per raggiungere una città dove, si diceva, fosse custodito tutto il sapere dell’uomo.
Un po’ intimorito dalla nuova esperienza ma infervorato nell’attesa, iniziò a preparare poche sue cose che dovevano accompagnarlo nel viaggio, che decise di intraprendere insieme ad altri che colà si dirigevano per un commercio di stoffe. Affrontò goffamente quel viaggio come se il lungo tempo passato nello studio avesse in lui spento la vivacità del corpo. Qualcosa in lui era mutato, era certo un uomo cui non difettavano cultura e memoria, ma era come se vivesse in un luogo irreale, popolato da uomini e oggetti che sembravano più far parte di un sogno che della vita che ogni giorno scorreva nel suo paese. Ed egli sempre più di frequente si sentiva a disagio e gli sembrava che tutte le altre persone gli fossero estranee nelle fattezze e nel pensiero.
Al mattino presto la carovana partì per arrivare in questo meraviglioso mondo di sapienza che a lungo Alver aveva sognato. Dopo poche ore il corpo e le membra, non più abituati a muoversi nel caldo del mezzogiorno, erano stanchi ed affaticati.
Nello stesso carro in cui viaggiava, seduto appresso a lui, vi era un piccolo uomo, magro e minuto che a stento sapeva pronunciare parole riconoscibili. Quello con cui parlava era uno strano idioma di un essere che mai sicuramente aveva potuto dedicarsi alla sua istruzione. Ma quando vedeva, passando, un piccolo campo, o qualche animale o pianta, i suoi occhi si illuminavano, le sue parole diventavano comprensibili e la gioia si leggeva nel suo volto.
Ed Alver fu sempre più rattristato dal dover viaggiare con una così misera compagnia. Il viaggio proseguì in un tempo dilatato dal sudore e dalla stanchezza, fino ad arrivare all’ora in cui il sole inizia a calare, proprio mentre la carovana attraversava il deserto. Il sole iniziò a tramontare come una palla infuocata che mandava attorno una luminescenza tremolante sul calore emanato dalla sabbia. Una luce ed un colore talmente vivi che potevi perderti in essi. Quando Alver vide questo spettacolo prese di colpo dalla sua sacca un papiro, lo aprì e iniziò con uno stilo a scrivervi una poesia dedicata al sole. In quel mentre il sole cambiò ancora il suo colore, qualche nuvola vi passò davanti come grandi uccelli che dispiegavano le loro ali. Il compagno di viaggio esclamò la sua meraviglia e si inginocchiò a quell’immagine, mentre Alver cercava di scrivere sempre più in fretta. Come disturbato dal lieve rumore dello stilo sul papiro l’uomo si giro verso Alver che a capo chino continuava a scrivere, gli prese il papiro se lo mise sotto i piedi e gli disse con parole stranamente chiare: “Guarda stolto! Perché vuoi scrivere mentre perdi ciò che sta accadendo” . E così dicendo proruppe in una forte risata.

Ricorda o mio Re, certo nessuno avrebbe potuto considerare saggio quel pover’uomo che nemmeno sapeva proferir parola, e solo viveva dell’esperienza di tutti i giorni. Ma quell’uomo aveva compreso che va bene leggere, scrivere, comporre poesie, ma quando questo ti porta lontano dal tuo presente, allora getta ogni papiro. Guardare le cose che vivrai ogni giorno, solo questo vale per l’uomo.

 

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