Vivere col corpo

Le acque del Grande Fiume scorrono e nel loro scorrere raccolgono altre acque e ancora altre acque. Il Fiume non sarebbe così maestoso se non permettesse ad altre acque di entrare e di mischiarsi alle sue.

Sulle rive del grande fiume viveva Manitab che fin da piccolo spinto dalla famiglia e da alcuni suoi precettori aveva pensato di fare del suo animo lo scopo della sua esistenza. E visto che vicino al paese sorgeva un montagna dove si diceva albergasse lo spirito degli dei, egli da giovanissimo iniziò a pensare di vivere in quel luogo così ricco del divino per trarre da esso nutrimento per la sua esistenza.
Quando raggiunse i suoi venti anni, animato da forza e convinzione, e incitato da precettori e famiglia, decise di ritirarsi sulla montagna per stare col suo cuore e col suo animo nel luogo più propizio agli dei. Nessun contatto avrebbe avuto con altri uomini perché questo non interferisse col contatto del suo spirito. Solo una volta ogni settimana un servitore portava a lui dei cesti con un po’ di viveri, appena necessari a nutrire il suo corpo per i bisogni terreni.
Il tempo passò, ogni cosa per lui cambiò di significato. Ogni nuvola che passava era per lui un messaggio di dio, ogni alito di vento sussurrava qualcosa alle sue orecchie, ogni foglia che muoveva era un consiglio. Iniziò a sentire voci che nessun’altro uomo avvenne potuto sentire.
Un giorno una inusuale ed enorme pioggia cominciò ad abbattersi sulla montagna. Caddero grandine e fulmini e il suo riparo crollò. L’acqua che continuava a scorrere così abbondante, distrusse tutto ciò che vi era intorno ed egli si accorse che la sua vita era in pericolo. Ascoltò ancora i messaggi che gli arrivavano dalla natura e, all’inizio, decise di restare qualsiasi cosa fosse accaduta. Poi l’istinto del vivere, che ogni animale ha dentro di sé, lo portò a scendere dalla montagna e non sapendo più dove andare e considerando che una grande sfortuna lo aveva colpito egli iniziò a tornare verso la vecchia casa. E tornando vide tutto diverso da come lo aveva lasciato. Arrivò nella sua casa, si richiuse in una stanza, e lì restò solo come se il contatto con gli altri potesse contaminarlo. Continuò a restare chiuso e solo, poi spronato dai suoi vecchi precettori iniziò ad uscire. In realtà il suo uscire era un puro movimento del suo corpo, in realtà egli nulla trasmetteva di se stesso agli altri e nulla accoglieva di ciò che gli altri lasciavano uscire. Tutto era come fermo, immobile nel tempo. Solo i pensieri aumentavano di numero e si accalcavano nella sua mente. Egli nulla ascoltava ma la sua mente produceva sogni e il rimpianto, illusioni. E più richiudeva il suo animo in se stesso e più questa mole enorme di sogni e illusioni lo avvolgeva come un mantello che copriva un altro mantello, che copriva un altro mantello e avvolgeva il suo corpo e lo soffocava.
Un giorno un vecchio, che molti anni aveva trascorso della sua esistenza e molto aveva viaggiato, arrivò nel paese. Vide Manitab vecchio nel cuore e ancora giovane nel corpo e provo pietà per lui. Gli chiese di seguirlo. Il giovane non voleva, senza nemmeno proferire parola abbassò la testa e si girò dall’altra parte e scomparve. Ma il vecchio non si diede per vinta, lo inseguì e ancora forte nel corpo nonostante l’età, lo obbligò a seguirlo, lo obbligò a guardarlo in faccia scrollandolo per le spalle, senza quasi ottenere reazione.
Al calare del tramonto lo portò sulle acque del Grande Fiume, proprio nel punto in cui altre acque si univano, per formare un fiume ancora più grande e poderoso. Lo fece sedere e dolcemente ma fermamente parlò a ciò che restava del freddo cuore del giovane. “Mio giovane, l’acqua che non accetta di unirsi ad altre acque è destinata a prosciugarsi,  è destinata a cercare strade lunghe e vorticose che però la conducono ad annullare se stessa. Solo l’acqua che accetta altre acque può vivere, crescere e arricchirsi nel proseguire il suo cammino. E ricorda che così come le acque è l’uomo, l’uomo che chiude se stesso per paura di essere contaminato dagli altri, ma allo stesso modo l’uomo che chiude se stesso per paura di mostrare di se ciò che non vorrebbe far vedere, nutre nel suo animo pensieri che lo portano ad annullarsi. Nutre pensieri che lo portano a vivere fuori da ogni cosa reale e nessun uomo può vivere fuori dalla realtà come nessun fiume può scorrere senza un letto.” E prendendolo quasi di peso lo gettò nel fiume. Manitab finalmente muovendo forte le braccia decise di guadagnare la riva.

Ricorda o mio re, nessun uomo può vivere senza aprire il suo cuore, senza aprire le porte di se stesso a qualche altro uomo. Non a tutti è certo, ma chiudere se stessi vuol dire solo creare pensieri, dolore, illusione che portano alla distruzione. E più questi pensieri si creano e più le porte si chiudono. Tutti, dal più misero a te che sei così vicino agli dei, tutti hanno bisogno di aprire il loro cuore e di accogliere e dare qualcosa. Fai tesoro di questo, o mio Re.

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