La sorgente della felicità

Un’antica storia narra di un uomo rude e saggio, vecchio di centinaia di anni che viveva su di una montagna che si ergeva tra il villaggio di Hailafat  e quello di Baien. Da tempo immemorabile si narrava che il vecchio conoscesse il segreto della fonte della gioia.
Ma tanto tempo era passato dall’ultima volta che qualcuno si era recato sulla montagna, che nel riportare cose dette, di altre cose dette, il senso si era trasformato. E visto che i due villaggi, atavici nemici da sempre non avevano contatti, se non sporadici conflitti, ad Hailafat si era sparsa la voce che il vecchio conoscesse il segreto della felicità e della gioia, mentre a Baien che il vecchio conoscesse il segreto dell’eterna giovinezza.

In realtà nessuno andava da lui, ma tutti alimentavano queste dicerie, sino a ché un giorno alcuni abitanti dei due paesi si incontrarono e dissero gli uni agli altri: “cosa sapete del vecchio saggio che vive sulla montagna e che ha il segreto della fonte della gioia e della felicità” e gli altri: “ non è vero che ha il segreto della fonte della gioia, ha il segreto della fonte dell’eterna giovinezza”. Come ormai da lungo tempo, ne nacque una lite che coinvolse tutti e due i paesi, fino a che i due sovrani decisero di mandare sulla montagna due uomini e due donne per ciascun paese, a incontrare il vecchio saggio.

Lungo e impervio fu il loro cammino, fino a ché stremati, giunsero nella grotta sulla sommità del monte ove si diceva vivesse il sapiente. Trovarono tracce che denotavano che qualcuno lì viveva, ma non il saggio. Attesero a lungo finché il buio non calò e, quando la luna in cielo era alta, accesero un grande fuoco e iniziarono a cibarsi di ciò che avevano portato con loro.
In quella condizione, così lontani dai loro paesi, fu come se quella animosità che vi era fra di loro scemasse e si trovarono attorno allo stesso fuoco a chiacchierare e a godere di quella magica notte. Parlarono, bevvero vino, risero fin quando il sonno non li colse.

Al mattino con la testa ancora un po’ annebbiata dal vino bevuto, quando il sole sorse, videro una fonte poco lontano e andarono a bagnarsi il viso. L’acqua fresca e pulita li svegliò e quando si girarono verso l’ingresso della grotta, videro che poco lontano vi era un vecchio che rideva. Rideva con un sorriso largo che scopriva una bocca in cui i pochi denti rimasti formavano come dei riquadri bianchi e neri e il naso era così adunco che quasi toccava il mento. Era vestito di pochi stracci e aveva un bastone talmente vecchio che era sfilacciato nella punta. Ma nella sua risata c’era una vitalità che sembrava quella di un giovane.

Appena lo videro subito la sensazione della sera prima, dello stare bene insieme, del gioire e del ridere, li abbandonò: ognuno tornò il rappresentante della sua città e ognuno cercò di far valere la sua verità.
Interrogandolo contemporaneamente, le loro voci si sovrapposero, così che il vecchio nulla poteva comprendere. Il saggio con voce squillante intimò loro di calmarsi, di parlare uno alla volta e quando capì il motivo della loro venuta ancora sorrise.
Li guardò e disse loro: “ma anche voi possedete ambedue i segreti, non è vero?” ed essi, in coro, risposero: “no, noi siamo venuti da te per sapere ciò che non conosciamo, ne va dell’onore della nostra città”. Il vecchio ridendo ancora di più “quale onore..!  Se volete conoscere il segreto dovrete ubbidire a quello che ora vi dirò: andate dentro la grotta, troverete cibo di tutti i tipi, tutti i nettari che volete, vino quanto ne volete… io vi chiedo di stare sette giorni qui, intanto io mi allontanerò un poco e rifletterò e fra sette giorni vi darò una risposta. E vi darò questa risposta solo se fra voi troverò un po’ di armonia”.

E così questi uomini e queste donne liberati dal peso della disfida, soli per sette giorni in un luogo dove nessuno avrebbe saputo nulla di ciò che avrebbero fatto, iniziarono semplicemente a gustarsi il cibo, a guardarsi attorno, a gioire del sole e del vento. Tutte le sere accendevano un grande fuoco, si abbracciavano, si amavano, erano ciò che erano, semplicemente. Gioivano delle cose che avevano, dell’essere lì, dell’essere lontani da tutto e da tutti. Ogni mattina si lavavano il viso giocavano con l’acqua, camminavano, guardavano il sole, erano trasformati!

Dopo sette giorni, così come aveva promesso, il vecchio saggio tornò, sembrava quasi che il suo corpo fosse diventato più vecchio di dieci anni in quei pochi giorni.
Li vide uniti, nessuno di loro si preoccupò di svolgere il ruolo per cui era stato inviato lassù. Li guardò e disse loro: “Se leggete dentro di voi saprete la risposta, la fonte della felicità o la fonte dell’eterna giovinezza è il momento felice in cui state vivendo. Esso è l’eternità e quindi, eterna giovinezza ed è gioia allo stesso tempo. Non è fuori da voi nell’acqua di una fonte, che potrete trovare ciò che siete venuti a cercare! Il segreto sta dentro di voi se, come avete fatto in questi giorni, lascerete spazio al vostro cuore e aprirete il vostro animo senza preoccuparvi del giudizio degli altri.  Tranquilli, liberi di essere ciò che volete essere, liberi di abbracciarvi, di gioire insieme, di godere dei vostri corpi e del vostro intelletto allo stesso  tempo: questa è l’unica fonte di eterna giovinezza e gioia che io possa insegnarvi”

Lo videro allontanarsi e non lo seguirono, ma quando il giorno dopo andarono a cercarlo lo trovarono in un’altra piccola grotta su di un giaciglio, morto.
In un’altra storia, sempre molto antica, si narra che otto saggi che vivevano in cima ad una montagna conoscessero il segreto della fonte della gioia e della felicità.

Forse, o mio Re, quelle otto persone rimasero sulla montagna perché avevano capito il senso della gioia e dell’eterna  giovinezza vivendo l’attimo momento per momento, e a loro volta furono loro otto saggi che conoscevano il segreto di quella fonte che ogni uomo può trovare solo dentro se stesso.

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