Le Risposte

Le Risposte

Sono piuttosto soddisfatta della mia vita, non vedo la necessità di cambiare nulla, anzi, vorrei che tutto continuasse così, liscio e tranquillo.

Tuttavia, essendo anche curiosa, mi chiedo a cosa serva il lavoro su di sé che tu proponi e in cosa consiste lo sviluppo interiore. Ho l’impressione che sia un genere di cose in cui si rifugiano coloro che sono in crisi o insoddisfatti della loro vita, per stare meglio…

Ma chi sta già bene? Che beneficio ne può avere? - Teresa L. di Montecatini


Mi auguro che osservare meglio se stessi e incrementare le proprie potenzialità non sia solo un lavoro per persone frustrate e insoddisfatte, ma per persone curiose e con la voglia di scoprire nuovi orizzonti, di avere pensieri nuovi, di accettare di mettersi in gioco senza la paura di perdere ciò che si ha.

Penso che ogni uomo abbia in sé le possibilità per evolvere e sia un peccato bloccarle, proprio perché le potenzialità evolutive sono quelle che contraddistinguono l’essere umano come tale.

Per evoluzione interiore intendo la possibilità di osservare se stessi, nella realtà e nel presente della propria vita e trovare un modo individuale per sviluppare le proprie capacità come scelta consapevole. Divenire quindi coscienti di quando agiamo in automatico, cioè come risposta a stimoli esterni che ci chiedono di essere in un determinato modo; divenire coscienti dei nostri bisogni e dei nostri sogni ad occhi aperti. L’evoluzione è proprio liberarci da questa meccanicità imitativa per divenire sempre più persone che danno spazio alle proprie emozioni senza averne paura. Persone consapevoli del continuo cambiamento che la vita ci mette davanti senza timore, ma con la forza di poter fare al meglio anche nelle situazioni più difficili.

Forse qualcuno arriva a questo percorso per insoddisfazione o per il sopraggiungere di una crisi. A questo proposito l’ideogramma cinese della crisi contiene due parti, una che significa pericolo e l’altra opportunità!

Ti auguro un sereno futuro, non so se augurartelo liscio e tranquillo, ma forse movimentato e pieno di soddisfazione.

Ok, l’osservazione di sé è il primo passo, ma come faccio ad essere sicuro di osservarmi in maniera corretta?

Vedo che tendo a dare dei giudizi riguardo a come mi sento, o agisco, o mi comporto… è giusto? Puoi darmi qualche “dritta” in più? - Giacomo, Milano


E’ una abitudine che tutti noi abbiamo, è automatico dare giudizi. La mente parla continuamente, è il suo lavoro, giudica, analizza e soppesa, dà titoli e classifica. E’ comunque necessario incominciare il processo di osservazione. Osservare è un po’ come fare una fotografia della realtà che ti sta attorno, un’istantanea che non serve per giudicare la posa o l’atteggiamento e nemmeno spiegare come si è arrivati a questo, ma serve per vedere le cose reali. La mente ci porta a distorcere la realtà che percepiamo come idea che ci siamo fatti della realtà, anziché realtà come si presenta. Spesso vediamo attraverso le nostre ideologie anziché attraverso gli occhi.

Lo scopo dell’osservazione è proprio imparare a vedere in maniera pulita, ma non è immediato riuscirvi. Puoi accorgerti di questo processo se ti metti davanti ad uno specchio ad occhi chiusi e pensi alla tua immagine, ti vedi attraverso un processo mentale, poi apri gli occhi e ti guardi. Ti sembrerà di vedere una persona diversa. E con facilità la mente giudicherà…. Lo scopo dell’osservazione è proprio arrivare a fare in modo che le due cose siano uguali e sovrapponibili, che la realtà della mente sia uguale a quella che vedi nello specchio. Attraverso questo processo si viene a sostituire, piano piano, la realtà all’illusione, al sogno, al desiderio di… Se ti accorgi di giudicarti o di trovare nel passato i motivi di ciò che sei ora, oppure di fare sogni nel futuro, riporta la tua mente nel presente e guarda semplicemente la realtà.

È un processo che ben conoscevano gli antichi orientali, non possiamo prendere le loro meditazioni così come loro le facevano, perché la mente occidentale difficilmente accetta tali tecniche, ma dobbiamo imparare, nella via di tutti i giorni ad osservare ciò che è e ad innescare un meccanismo in questa direzione. Potrai avere piacevoli sorprese.

Parli di “ricordo di sé”, so che questo deriva dalle tecniche di Gurdjieff, ma cosa significa realmente?

Come mi accorgo se “mi ricordo di me” o no? - Paola M., Asti


“Ricordo di sé”, significa essere coscienti della propria esperienza nel momento in cui accade. Di primo acchito, tutti possono dire che certamente sono coscienti, altrimenti non si accorgerebbero di ciò che sta accadendo. Ma il ricordo di sé è qualcosa di più, è un’esperienza che coinvolge anche la percezione fisica del proprio corpo e tutto l’insieme psicofisico.

Ti faccio un esempio classico, mentre guardi un film o leggi un libro, sei spesso assorbito e immedesimato in esso, in questa condizione non percepisci il tuo corpo, se uno ti chiedesse come eri seduto oppure come sentivi i tuoi piedi, tu difficilmente lo ricorderesti. Quando avviene qualcosa la tendenza automatica dell’uomo è farsi portare fuori da se stesso dall’accadimento, essere proiettati fuori, come se mente e corpo si scollassero: il corpo continua in automatico le sue funzioni e la mente è proiettata in uno schermo esterno. L’uomo perde completamente il suo essere un “io” unico. Ma questo ti porta ad essere proiettato fuori di te, quando interagisci con le persone, quando ami, quando la rabbia ti fa perdere il controllo e il tuo essere diventa più instabile: tutto diviene una proiezione della mente, uno stato irreale e illusorio.

Se all’inizio l’esercizio del ricordo di sé può sembrare astruso o farraginoso, poi inizi a renderti conto che se mantieni un’unione interiore, la soddisfazione per ciò che fai cambia completamente.

Mi chiedi anche come accorgerti se ti ricordi di te stesso, potrei dirti che non sei nel “ricordo di sé” se ti accorgi del tuo corpo solo quando ti fa male o ha bisogno di qualcosa, oppure se i tuoi pensieri si accavallano nella tua mente passando da uno all’altro e non ti accorgi neppure quanta strada hai fatto mentre cammini o sei in auto. In una storia antica c’è una breve definizione che voglio riportarti: “quando senti che ciò che dicono i tuoi visceri è ciò che vedono i tuoi occhi, quando l’emozione ti coglie, ma non ti porta lontano dal tuo centro”.

Ma tutto questo non puoi solo capirlo, devi soprattutto sperimentarlo.

A proposito di Obama... la mia, forse, non è una domanda, ma una riflessione, il desiderio di condividere una gioiosa speranza, non da spettatrice passiva, ma da persona che vive, pensa, riflette, e da tempo lavora per cercare di costruire una vita migliore "dentro e fuori".

E' vero, per un attimo, appresa la vittoria di Obama anche io ho "vissuto un sogno di terra felice", ma devo dire che subito, "con me" ed insieme alle persone che lavorano con me, ho iniziato a lavorare per il progetto Obama "dentro di noi".

I sogni hanno tante funzioni, spesso diventano bi-sogni di cui possiamo prenderci cura, e trasformarli: lasciare parlare le minoranze dentro di noi, accogliere e dare dignità e valore ad una parte "scura" repressa e negata... e tanto altro ancora.

Di certo se in passato alcune scelte disastrose e distruttive sono state, anche, deleghe inconsce e responsabilità di tutti,anche Obama oggi è una scelta di tanti. Anche nostra. E allora lavoriamo nella convinzione che, se un sogno è di tanti può divenire realtà. Un sogno se è di tanti può divenire realtà - Anonimo


Come hai detto è un messaggio al quale non ho risposte da dare, se non che condivido la gioia che Obama sia stato eletto e che finalmente un politico a così alto livello parli da uomo per gli uomini anziché da politico che vuole solo incrementare il suo potere. Una bella ventata di energia, con la speranza di creare un contagio virtuoso che si diffonda il più possibile...
Il tuo percorso ha a che fare anche con Gurdjieff e la quarta via?? Abito in provincia di Treviso e ho visto corsi di "bioenergetica espande".

Mi chiedo: cos'ha di diverso dalla bioenergetica classica di A. Lowen che qui in zona Treviso non si trova? - Daniela


Penso che Gurdjieff abbia dato voce e chiarezza a quanto meccanicità, automatismo e abitudini rendano l'uomo alla stregua di una macchina che reagisce solo a stimoli esterni in maniera sempre uguale. Un uomo che non è più un uomo perché non ha capacità, in sostanza, di libero arbitrio.

Per questo il mio lavoro in parte è riconducibile alla "quarta via", cioè l'essere consapevoli di noi stessi e del mondo stando "nel mondo", vivendolo dall'interno e non guardandolo in maniera distaccata dall'esterno. Un lavoro che ha nell'esperienza vissuta il suo fulcro. I miei seminari non sono didattici, ma esperienziali, poiché solamente attraverso l'esperienza vissuta e la sua percezione può esserci comprensione profonda, non solo a livello ideologico o intellettuale.

Per quanto riguarda la Bioenergetica Espande, utilizziamo la Bioenergetica di Alexander Lowen, che ha alla sua base l'importanza della percezione corporea, attraverso il movimento, la contrazione e il rilassamento, la respirazione e il grounding, per percepire un se stesso non duale, ma unito. Un essere che è mente e corpo contemporaneamente.

La differenza sostanziale è che non abbiamo un approccio analitico e non la utilizziamo per curare eventuali patologie, ma per "unificare" l'essere umano che nella nostra società tende ad essere sempre più diviso e frammentario.

Mi piace questa possibilità di porre domande ed anche di poter leggere quelle di altri con relative risposte. Ed ora vediamo se ho ben compreso. "Credo di aver capito che la mia consapevolezza posso constatarla dal sentirmi, sentire il mio corpo mentre faccio qualsiasi cosa, mentre parlo leggo scrivo lavoro,guido etc. etc. questo è ciò che viene definito presenza, consapevolezza, ricordo di sè.

E se ho ben capito è qualcosa di diverso dall'attenzione. Si può essere attenti mentre si svolge un compito o altro senza peraltro essere consapevoli di sè. Non credo sia molto semplice, ora mentre lo penso mi sento, ma tra un po'?

Come attivare una spia che mi ricordi di me costantemente?

E come faccio a capire se le persone con cui interagisco sono presenti a loro volta, cos'è che me lo può mostrare? Anche se sono attente a ciò che dico, anche se rispondono in maniera che può sembrare logica, coerente, può bastare per attestarne la presenza? - Lia


Effettivamente non è semplice essere presenti sempre. Ma facciamo un esempio: quando impariamo a guidare l’auto, all’inizio ogni piccolo movimento richiede la massima attenzione, è tutto complicato, l’auto sembra che non riesca quasi a stare in strada appena azioniamo i pedali o il cambio. Poi pian piano le nostre azioni diventano più coordinate, tutto ci appare più semplice, possiamo parlare e interagire con altre persone, pur guidando. Ma se ci distraiamo rischiamo comunque di avere un incidente o di sbandare.

Il centro motore istintivo, cioè legato all’apprendimento automatico, impara e noi possiamo non essere attenti e consci, perché il sistema funziona in automatico. Anche per cercare di essere presenti a se stessi è la stessa cosa. Inizialmente vi è una spinta attraverso il centro intellettuale, una lettura o una informazione acquisita, poi si inizia a coinvolgere il centro emozionale e si sente la spinta a cercare di cambiare il proprio stato, poi si coinvolge il centro motore istintivo. L’armonizzazione di questi centri produce una sorta di cristallizzazione che possiamo in maniera grossolana definire “coscienza di sé”.

Ad un certo punto lo sforzo iniziale, proprio come imparare ad andare in macchina o in bicicletta va per una certa misura in automatico, così anche il resto diviene una percezione normale di se stessi; la presenza si cristallizza, ciò significa che all’inizio richiede sforzo, poi lo sforzo diminuisce e non occorre più usare la mente per ricordare il nostro corpo, lo percepiamo e basta. Si passa quindi dal tentativo di essere presenti all’esserlo sempre di più, in maniera fluida, sempre con minor sforzo. Ma fluida non significa automatica, altrimenti rischiamo di cadere di nuovo nell’automatismo senza rendercene conto. Il bello della presenza è proprio esserci in ogni aspetto della vita, quando si mangia, quando si fa sesso, quando si ride e quando attraversiamo momenti tristi. La presenza ci aiuta ad agire al meglio nel momento presente, sia esso triste o felice. Altrimenti sarebbe uno sforzo fine a se stesso.

Mi chiedi come attivare una spia: la spia più semplice è osservare quando i nostri pensieri rimuginano sul passato o fanno sogni ad occhi aperti sul futuro. Questo indica che non siamo presenti, ma è solo la mente a governarci. Per quanto riguarda gli altri, meglio non cadere nel giudizio di valutare la loro presenza, il giudizio non serve a nessuno. E’ preferibile non mettersi in una situazione di presunta superiorità in relazione agli altri, poiché è facile poi cadere in falsi giudizi, la natura umana è così varia da non permettere quelle catalogazioni così nette che possono portare persone di coscienza labile a considerare se stessi o il proprio gruppo un’etnia superiore ad altri.

Certo una delle regole che ti posso suggerire è quella di vedere le persone in relazione ai fatti, a ciò che davvero fanno, piuttosto che alle idee di cui parlano oppure ai pregiudizi che abbiamo su di loro. Ma una cosa è reale: la presenza emana un certo contagio. A volte una persona che vive nella meccanicità, non sentendosi a suo agio con chi lo è più cosciente di sé preferisce allontanarsi. Perché la presenza, per coloro che fingono, risulta decisamente scomoda.

Ciao Sauro...spero che non ti dispiace se ti chiamo x nome.....sto cercando informazioni sulla meditazione jatismaran che aiuta a ricordare le vite passate, ma nn riesco a trovare libri sull'argomento.....potresti indirizzarmi su una buona lettura o il modo x entrarne in contatto....ti ringrazio da ora x il tempo dedicatomi e spero di avere tue notizie. - Anonimo
Che sappia io non ci sono libri sullo Jatismaran, si può anche scrivere Jati-smaran ghinan, o altri testi tradotti in Italiano e non è una meditazione.. Poi. pensare di usare lo Jatismaran per ricordare le vite passate, potrei trovarlo "azzardato".

Io uso lo Jatismaran per lavorare sul presente, per migliorare la memoria e liberarla da quei veli consci o meno che spesso la offuscano. Tutto questo per avere migliori strumenti nel percepire il nostro presente e la nostra vita nel qui e ora.

Qual è il senso del ricordare le vite passate, ammettendo che esistano? Questa è la prima domanda da farsi. A cosa ti serve? Ci sono un sacco di millantatori in giro che ti raccontano delle tue vite passate, come se ti raccontassero una storiella vissuta da qualcun altro. E molte persone si sentono orgogliosi di essere stati re o personaggi importanti. Quasi nessuno ti racconta vite modeste nelle quali hai semplicemente e umilmente lavorato.

Lo Jatismaran è uno strumento prezioso, ma occorre stare bene con i piedi piantati a terra. Ovviamente appartenendo prevalentemente alla tradizione Jainista si aggancia al ricordo delle vite passate, Perché nella tradizione Jainista si crede nella reincarnazione.

C'è un breve articolo ricavato da una mia intervista che spiega cos'è, te lo allego così puoi farti un'idea più chiara su cosa sia realmente. Poi l'idea è sempre nella mente ed è molto diversa dalla sperimentazione.

Di domande ne avrei tantissime, anche se penso di iniziare a barcamenarmi tra brevi presenze e lunghi sonni. Vorrei sapere quanto influisce il sogno nella vita?

Quali seguire, quali mollare?

Grazie per tutto il lavoro che svolgi e che condividi con noi, è la scuola più appassionante che si possa fare.

Non finirò mai di imparare. Non mi importa se dovrò attraversare crisi o soffrire, è la vita piuttosto che una vita preconfezionata, prestabilita da altri preferisco inseguire l'ideale dell'essere libera. - Anonimo


Mi chiedi quanto influisce il sogno nella vita. Tanto, ma per ognuno è diverso. Intanto vorrei dirti che spesso io uso la parola sogno intendendo sogno ad occhi aperti, immaginario automatico, illusione, aspettativa. La uso così, in maniera quasi provocatoria, visto che tutti parlano del sogno come se fosse l'unica speranza dell'essere umano e della fortuna come strumento per realizzarli.

Osservare se stessi significa cominciare a distinguere quali sono i sogni ad occhi aperti, quelli che aspetti che si realizzino senza che tu ti muova concretamente nella loro direzione, da quelle aspettative concrete in cui mettere la tua forza ed energia perché facciano parte della tua realtà. Ti faccio un esempio paradossale: se vuoi costruirti una casa puoi aspettare di vincere alla lotteria o di ricevere una eredità inaspettata oppure puoi iniziare a lavorare e fare un progetto che non sia la villa faraonica, ma qualcosa che puoi con impegno realizzare, magari anche un grazioso appartamentino.

Solo tu puoi sapere quali sogni seguire o quali mollare. La tua vita dipende comunque da te. Essere svegli e presenti significa proprio saper distinguere e non ripetere ostinatamente gli stessi meccanismi.

Comunque, visto che dici di avere lunghi sonni, ricordati che per accorgersi di dormire bisogna essere svegli!

<em>Grazie per la tua risposta, ma c'è una frase che mi ha lasciato un po' perplessa e che ti chiedo di chiarirmi. E' quella finale in cui dici che la presenza per coloro che fingono risulta scomoda. Se sono automatici significa che stanno fingendo?

O si trovano in uno stato di cui sono in qualche modo in balia e del quale spesso non si rendono nemmeno conto? O ti riferisci ad altro? Credo che anche una persona consapevole possa fingere..è sufficiente che sappia di farlo e perché lo fa, oppure no?

Quanto alla scomodità, quella sì, credo di averla capita: chi non conosce il disagio di sentirsi nudi, con le proprie manchevolezze, presunte o reali, evidenziate, quasi ingigantite? è dura, capisco che qualcuno abbia voglia di fuggire. E chissà se esiste un modo per riuscire ad aiutare queste persone che si "allontanano" a vedersi interi anche nella propria unicità e bellezza? E pensare che mi ero fatta questa idea per cui le persone presenti, centrate, emanassero una f orza attraente, non respingente!

C'è un'altra cosa che mi incuriosisce, l'ho trovata nel tuo libro "Al di là del peccato di incoscienza" (secondo capitolo - le emozioni negative), cito: "in questo tipo di emozioni automatiche potremmo inserire anche un certo tipo di innamoramento o di passione." a cosa ti riferisci in particolare? A quale tipo di innamoramento o passione? - Lia


Intendevo dire che, comunque, una persona presente trasmette qualcosa che viene percepito nell’automatismo come “pericoloso”. La mente in automatico tende a difendersi da tutto quello che può modificare i percorsi conosciuti. Anche rendersi marginalmente conto del proprio automatismo può creare fastidio. La presenza è quindi attraente o respingente a seconda delle persone con le quali hai a che fare.

L’automatismo è spesso menzogna verso se stessi, non è una cattiveria verso gli altri. Tutti gli esseri umani hanno in qualche modo la possibilità di rendersi conto dell’automatismo, proprio perché è insito nelle potenzialità dell’uomo. Poi ognuno fa le sue scelte, più o meno consce.

Certo una persona consapevole può fingere, può usare una maschera, ma deve essere una scelta e per essere una scelta devi essere in grado di mettere e togliere la maschera. Se sei legato a quella maschera e senza ti senti perduto e non puoi fare a meno di indossarla, non è sempre consapevolezza, anche se ti sembra che lo sia, spesso rendi di nuovo automatico un processo che era iniziato consapevolmente.

Per quanto riguarda le emozioni automatiche, anche l’innamoramento può essere completamente automatico. Ti faccio un esempio: se una donna sogna, da quando aveva 10 anni, il principe azzurro con determinate caratteristiche, spesso quando incontra un uomo non lo vede per come è, ma per le aspettative che gli riversa addosso. In questo modo l’innamoramento diviene un’emozione automatica frutto delle aspettative (la stessa cosa può accadere anche ad un uomo in forma leggermente diversa, ma altrettanto automatica). Poi, se questa emozione ci porta via e ci fa ricadere nel sogno ad occhi aperti, siamo ancora e di nuovo nell’automatismo e completamente fuori dal nostro centro.

Ricordati sempre e comunque che la presenza non è un processo solo mentale, puoi capire tutto della presenza senza essere presente e puoi non averne mai sentito parlare in questi termini ed esserci davvero nelle cose che fai tutti i giorni.

La moralità è figlia del suo tempo, per Buddha è vero ciò che funziona, le esperienze che viviamo vengono depositate nel nostro granaio a seconda di quello che siamo in grado di capire o comprendere, soggiacendo alla nostra interpretazione, che è fortemente se non del tutto influenzata dall'educazione ricevuta.

In base a questo noi arriviamo a dire "questo è giusto, questo è sbagliato". In una situazione di interpretazione oggettiva tutto questo va a cadere; questo perchè l'interpretazione oggettiva è quella "giusta"? - Francesca


Nessun dubbio che la morale è interpretata come una rigida deontologia legata a cultura e tradizione religiosa, figlia dei tempi e per molti da questa morale deriva una rigida distinzione fra bene e male, fra giusto e ingiusto. Definiscono anche questo tipo di morale "oggettiva", ma di oggettivo non ha molto.

In realtà la differenza è fra etica e morale anche se molti usano i due termini indistintamente. La differente origine etimologica di "etica" e "morale" è la differenza tra il latino "mos" che indica il costume come abitudine sociale e il greco "ethos" che indica l'iniziativa individuale entro un contesto sociale.

L'etica è individuale, sarà ovviamente influenzata dalla cultura, dall'educazione, ecc. ma non completamente condizionata a queste. Ognuno ha possibilità di avere un libero arbitrio, seppur all'interno di alcune condizioni sociali. Questo libero arbitrio però dipende da quanto tu sei presente e artefice della tua vita, in questo modo la tua morale non sarà solo quella che la società ti impone, ma quella che tu scegli, non come ribellione e neppure come affermazione egoica, ma come comprensione di ciò che sei realmente e della tua interazione con l'esterno.

Quando si dice che per Buddha è vero ciò che funziona si intende di spostare nella pratica e nell'esperienza viva ciò che è solo idea e concetto. Perché solo nell'esperienza di vita reale puoi formare la tua etica.

E come ultima cosa, ma di non minore importanza, il senso del rispetto che è fondamentale nell'etica, un rispetto nell'interazione con gli altri che è prima di tutto rispetto per se stessi. Un rispetto non buonista, ma inteso come chiarezza verso se stessi, per prima cosa, e poi verso gli altri.

Ho letto la tua risposta su etica e morale ed ho ripensato a quanto hai detto nella serata self di lunedì 16/03 in relazione alla possibilità di sacrificarsi per qualcuno "che sia anche dall'altra parte del mondo,uno sconosciuto".

abbastanza spesso rifletto su che cosa significhi avere una propria etica, non necessariamente del tutto conforme alla morale comune ed essere retti, che per me è mantenere pensieri e comportamenti appunto secondo la propria etica, indipendentemente dalla paura di essere disapprovati o sanzionati. A volte però quando domande simili alla tua mi vengono fatte da amici (esempio :che faresti se dovessi salvare te o tuo figlio facendo uccidere uno sconosciuto?

Per salvare te stesso o qualcuno che ami tradiresti un amico? ) ed io rispondo che il libero arbitrio può permettere ad una persona di non tradire la propria etica anche in circostanze drammatiche e quindi di non fare una scelta che comporterebbe fare del male ed avere una propria assolutamente illusoria "salvezza", mi viene il più delle volte risposto ; " dici così perchè parliamo solo in teoria, poi chiunque ci si trovi....."

Non nascondo che provo disagio, mi viene quasi il pensiero di essere arrogante a ritenere che potrei fare questo. Forse solo i santi e gli eroi? O anche qualche altro....?

Ciao, Roberta - Roberta


Per molti etica è solo un termine che incornicia una serie di regole morali statiche ed immutabili. Ovviamente questa rigidità mal si adatta alla vita, ai rapporti umani, al mondo. L'avere una direzione, l'avere una sensibilità intelligente, il non essere egoicamente arroganti, di solito ci conduce ad avere quel sufficiente buon senso che permette scelte appropriate.

Ma la vita non sempre ci pone di fronte eventi chiari e delineati, spesso ci sono ombre e chiareoscurità, lì in quei momenti, oltre al pre-giudizio ci deve venire in aiuto l'emozione. E' in questi momenti che veramente abbiamo la possibilità di esercitare il libero arbitrio, che comporta ovviamente la responsabilità dell'errore. Molto difficilmente ti sarà chiesto di sacrificare tuo figlio per qualcosa in cui credi fermamente, quindi porsi adesso il problema mi sembra prematuro e inutile, diviene solo un esercizio mentale. Se capiterai vi potrai far fronte con la tua presenza in quel momento, lasciando cadere ideologie precostituite.

Dei santi e degli eroi mi fido poco, di solito hanno le caratteristiche opposte a ciò che ritengo sia il buon senso della consapevolezza, sono rigidi. L’etica non può essere rigida senza diventare morale. Quindi meglio essere "in se stessi", decidendo al momento e liberi di sbagliare.

Sono molte le domande che ti vorrei porre soprattutto per poter ascoltare il tuo punto di vista. In particolare ora ti vorrei chiedere:

- Che cos'è per te la gelosia? Da dove nasce? E' sempre un'emozione "negativa" o è forse anche normale avere paura di perdere qualcuno quando lo amiamo molto o quando amiamo così tanto per la prima volta?

- Uomini e donne sono veramente due mondi diversi? E l'uno deve cercare di accettare l'altro per com'è? - Anonimo


Uomini e donne vivono nello stesso mondo, ma spesso hanno spinte e modalità differenti. Le donne hanno una grande capacità di percepire il "senso emozionale" di un rapporto, mentre spesso gli uomini tendono a perdersi nel mondo degli oggetti, delle cose. Potremmo dire che è da preferire il modo femminile di vedere le cose, se non fosse che l'unione di questi campi di sensibilità può dare meravigliosi risultati.

La gelosia è un emozione e non è né negativa né positiva, dipende da come la si vive. Non è strano provare sofferenza o turbamento se la persona che ami ha rapporti intimi con qualcun altro o decide di lasciarti. Una persona che di fronte a questa evenienza resta indifferente ha probabilmente seri problemi...

Da questo a passare ad atteggiamenti fobici e irrazionali ne passa molto. Controlli al telefono, inseguimenti, ansie costanti che ci fanno prima di tutto perdere il rispetto per noi stessi e ci avvelenano la vita. Ci sono persone che arrivano ad essere gelose degli amici o dei colleghi di lavoro. Sono talmente egoici e possessivi da volere considerare ogni loro rapporto un’esclusiva personale.

Certamente più siamo lontani da noi stessi, addormentati ed automatici più qualsiasi emozione diviene potenzialmente esplosiva e deleteria, perdiamo di vista la realtà delle cose. Molte persone divengono gelose delle loro illusioni, si innamorano di qualcuno, senza essere mai stati corrisposti e ne diventano gelosi, al punto di odiare profondamente l’ignaro rivale.

Che dire? Così siamo noi umani? Così va il mondo? Oppure possiamo cercare di scuoterci e vedere la realtà per quella che è, senza certezza di un amore che dura tutta una vita, ma anche senza escluderlo a priori…. forse vivendolo momento per momento.

In questa fase storica emergono diverse possibilità di lavoro interiore: alla classica appartenenza ad una Scuola con un Maestro che ha raggiunto un certo livello di spiritualità, si accompagnano altre modalità che vanno dalla formazione di gruppi di lavoro spontanei, che si riuniscono per leggere ed approfondire testi di Gurdjieff e altri "iniziati", accompagnati anche da esercizi o ottave, a discipline più o meno pratiche, che in qualche modo orientano i discenti verso la presenza ed il ricordo di sé. Tu dove ti collochi?

Mi sembra che tu offra principalmente stage e incontri di approfondimento in cui illustri e diffondi pratiche ed esercizi.

Non c'è in questo il rischio di perdere di vista la visione globale di un lavoro evolutivo a tutto tondo, in cui ogni parte è la conseguenza di ciò che la precede e la premessa di ciò che la segue? A meno che queste iniziative non servano come porta d'entrata per che cerca e vuole proseguire, e come porta d'uscita per chi ha sbagliato strada. Grazie - Bruno


Anche se con un discreto ritardo dovuto ad un periodo impegnativo rispondo volentieri alla sua domanda. Sono d’accordo che le possibilità di lavoro possano essere diverse e in questo periodo storico penso anche che facilmente una persona che sta cercando, senza avere le idee chiare, rischi di ritrovarsi in situazioni spiacevoli.

Non credo comunque ci sia una via giusta per tutti, ovviamente quello che io propongo è ciò che per la mia esperienza ha un senso di vita profondo e pratico.

Sottolineo il “pratico” perché la via intellettuale, in questo periodo storico, la considero molto pericolosa, poiché rischia di essere paralizzante. La presenza e il ricordo di sé si devono applicare nella vita di tutti i giorni e mai essere proprie di alcuni momenti che ci si ritaglia per dedicarsi a questo. Se la lettura e l’approfondimento di un testo resta solo a livello intellettuale o mentale non può far parte di tutto il nostro essere.

Se vogliamo riconoscere e iniziare ad andare oltre l’automatismo, non basta capirlo intellettualmente, occorre modificare attraverso variabili le consuetudini. Lo dico in maniera volutamente semplice, perché occorre partire dal semplice, possiamo leggere mille testi e non essere in grado di non prendere il caffè per tre giorni di seguito, o ci sconvolge alzarci nel cuore della notte e fare qualcosa che abitualmente facciamo di giorno, oppure usare un linguaggio inconsueto con le persone, o ancora non fumare se abbiamo il “vizio”.

Per arrivare a momenti di presenza occorre uno sforzo cosciente che parte dall’aspetto pratico. Ed è questo che dà la percezione reale del senso globale: il sapere che le mie azioni generano delle conseguenze e che il mio presente è generato da fatti del passato, ma io posso intervenire con “variabili” a modificare quello che altrimenti sarebbe un automatismo inevitabile. Da questo parto per comprendere le leggi, non dalla teoria delle leggi.

Il messaggio di Gurdjieff è potente e per me è pratico, applicabile. Nella mia vita ci sono comunque stati altri che io considero Maestri, che non ho mai visto in conflitto con Gurdjieff, ma complementari e che mi hanno fornito esperienza e informazioni per il lavoro che sto portando avanti. Lungi da me l’arroganza di essere il solo capace di questo.

Per ciò che concerne la strada di ognuno, penso anche che tutti possono sbagliare strada, ma è nelle loro capacità anche cambiare strada e ogni porta possa essere usata per entrare e per uscire, altrimenti non sarebbe una porta.

Ciao Sauro ! Mi hai insegnato a vivere fuori dalla paura. Te ne sono grata. Cosa ne pensi della campagna di diffusione del panico con l'influenza in Messico?

Sto cercando di diffondere fiducia, serenità...mi aiuti? grazie, un abbraccio - Marzia


Intanto mi scuso per il ritardo nella risposta che a questo punto diventa facile, visto che la cosa si è sgonfiata da sola. Ma quello che è capitato con l’influenza Messicana è quello che sta capitando con la nostra informazione che vive del fare notizia, del rendere tutto “estremo” pur di fare audience.

Paradossalmente nella grande libertà di informazioni in cui viviamo, non possiamo più fidarci di quello che dicono, perché è talmente gonfiato per renderlo uno scoop che non capisci se, realmente, è un sasso o una montagna.

Senza contare le notizie gridate in prima pagina e smentite il giorno dopo in ultima. Ma ti giri dall’altra parte e scopri che in Africa muoiono migliaia di persone per continue epidemie e nessuno ne sa nulla.

A volte ti chiedi anche, quanto alcune notizie gonfiate siano messe lì apposta per far perdere importanza alle cose importanti dette con garbo e misura, da quei pochi che ancora sanno farlo.

E mai come in questo momento, in mezzo a tutte queste informazioni differenti che ti bombardano da ogni parte, ti rendi conto come la cosa importante sei tu, con la tua capacità di scelta e di discernimento e con quella fiducia che non ti può venire dall’esterno, ma solo da te stesso. E alla fine anche questa insicurezza e inattendibilità generale che ti circonda può trasformarsi in uno strumento di scelta cosciente e di rafforzamento.

Quanto sono cambiate le donne oggi nel rapportarsi con l'altro sesso e dove sbagliano se non capiscono questo cambiamento. Sono vittime di un imperante ritorno del maschilismo? Devono a loro volta pensare come un maschio?

C'è spazio per una sensibilità femminile come dovrebbe essere contestualizzata, perchè a me sembra a volte che gli uomini abbiano più coraggio e siano più intelligenti più preparati al cambiamento. Ma questo credo sia dovuto ad un impostazione maschile della società. - Anonimo


A mio parere ci sono parecchi fraintendimenti in quello che scrivi, dati forse da una visione femminile che si proietta sugli uomini. Il coraggio al di là dell’apparenza, la caparbietà e la determinazione sono molto più presenti nelle donne che negli uomini, forse si nota quella degli uomini perché è spesso più defezionata nell’avere successo nel lavoro, mentre nelle donne è più verso sé stessa e gli affetti che la circondano…

Un amico mi ha chiesto poco tempo fa perché ci fossero così poche donne “filosofe”. C’è una risposta chiara: gli uomini cercano di spiegare il mondo facendo filosofia, le donne sono il mondo! Hanno un rapporto molto più diretto con se stesse.

E’ vero che a volte c’è un ritorno al maschilismo forse quasi a difendere un potere che sanno di non poter trattenere. Il punto che a molte donne distorce la visione è dato dal fatto che per alcune l’uomo, e il loro rapporto con l’uomo è il centro del mondo, la cosa che considerano più importante. L’uomo dà invece spesso priorità a potere e successo. Mi auguro che le donne non vogliano imitare questo tipo di uomo e restino ben connesse con la loro interiorità.

Riflettendo e percorrendo vari campi di interesse e contattando tante scuole di crescita interiore ho notato che tutte puntano sulla crescita individuale, anche per quanto riguarda il cambiamento della struttura sociale, ma questo mi sembra alquanto riduttivo ed infruttuoso, visto che nonostante personaggi come Osho e tutti i maestri che ho conosciuto, in tanti anni non hanno apportato un gran ché a livello sociale: non sono nate delle vere alternative all'attuale modello.

Ognuno si fa la sua crescita interiore, la sua meditazione, la sua disciplina spirituale, ma rimane ancorato alla necessità di dover provvedere a delle incombenze assurde che questo sistema ci costringe a perseguire: il denaro, il lavoro, la solitudine e l'alienazione dal territorio in cui si abita, senza apportare un ben che minimo cambiamento concreto nella propria vita.

Saremo sempre dipendenti da un conto in banca e da un sistema gerarchico che non valorizza l'uomo, ma il potere sull'uomo, per vivere?

Perché le organizzazioni che hanno potere non vengono abbattute dalla consapevolezza di chi ha capito che aiutarsi reciprocamente è meglio che combattersi e competere?

Perché queste persone non si uniscono e si mettono insieme depotenziando il sistema creandone uno di alternativo, che funziona?

Forse in questi percorsi esiste ancora intrinsecamente il dominio della paura? - Claudio


Ciao Claudio, ti darò una risposta un po’ lunga… C’è una diffusa tendenza purtroppo a rifugiarsi nella ricerca interiore per delusione o disperazione e di conseguenza, anche se non per tutti, si cerca una nicchia protetta e la si tiene tagliata fuori dal mondo (la paura ha per molti una grossa influenza). Invece la crescita individuale non dovrebbe essere staccata dalla crescita sociale, anzi dovrebbe darle nuova linfa…

Che senso ha avere strumenti per vedere e osservare cosa non va in questa società senza poi fare nulla? Molti che lavorano su di sé non vanno neppure a votare, posso capire che il voto non sia questa gran scelta democratica, ma è quello che c’è e comunque ha senso usarlo. Oppure molti appagati, a mio parere, in modo illusorio da quello che trovano all’interno se ne fregano dell’esterno. Ma siamo esseri umani che vivono nella società. E dobbiamo far parte di un tessuto sociale e in questo ambito fare delle scelte. Le scelte sono azione e se alla consapevolezza non segue un’azione e solo un processo mentale illusorio.

Il sistema è squallido e triste, così come lo sono le leggi di mercato e la diversità sociale e tutti i tipi di integralismi, non solo quello islamico, ma lo sviluppo della coscienza individuale e i gruppi di lavoro che la perseguono non possono avere uno schieramento politico. La crescita personale dovrebbe essere solo la base perché un individuo consapevole abbia gli strumenti per operare una scelta individuale. Il gruppo di lavoro non può farla per gli individui altrimenti si sostituisce ad una corporazione o ad un partito.

Ma dobbiamo essere obiettivi, quante persone perseguono la crescita individuale? Davvero pochissime, sembra oramai che la maggioranza delle persone persegua visibilità e potere sugli altri. E la china socio-politica che il mondo sta prendendo rispecchia in gran parte questo: la ricerca del potere.

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